43° Convegno Caritas

Sappiamo accendere la carità nelle nostre comunità?

Dal 17 al 20 aprile alcuni di noi hanno partecipato a Salerno al 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane “Abitare il territorio, abitare le relazioni”. Oltre 660 partecipanti, provenienti da 173 Caritas diocesane di tutta Italia, per quattro giorni si sono confrontate sul tema “Camminare insieme sulla via degli ultimi, per cercare i lontani e invitare gli esclusi” a partire dalla frase del Vangelo: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (Mt 22,9).

Partecipare al Convegno Nazionale delle Caritas diocesane è sempre una occasione di arricchimento perché le esperienze di carità portate avanti nella propria diocesi si incontrano con contenuti più ampi, riflessioni attente e condivisione di competenze ed azioni da riportare poi nelle nostre comunità. Questo cammino delle Caritas diocesane non è scollegato da quello complessivo della Chiesa, come hanno dimostrato

i temi scelti per le assemblee tematiche che hanno portato i partecipanti al Convegno a confrontarsi sui temi della salute e povertà sanitaria (prendersi cura), della povertà educativa, del coinvolgimento e protagonismo dei giovani, dei migranti e del “costruire insieme il futuro” guidati da altrettanti direttori di Uffici e Organismi CEI.   Filo conduttore delle riflessioni sono state le “tre vie” consegnate alle Caritas da Papa Francesco in occasione del 50° di Caritas Italiana: «Partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività». 

Perché andare nei crocicchi e nelle periferie che sono prima di tutto esistenziali, vuoti di relazioni, di incontri, di amore? Perché c’è una possibilità di cura dove c’è una disponibilità ad avvicinarsi, a farsi prossimi non con la logica del possesso ma in quella dell’ascolto e dell’accompagnamento”.

Molte le testimonianze portate in assemblea da una realtà come quella salernitana: ognuno di loro ha raccontato le fatiche e le difficoltà che vivono i loro territori, colpiti dal terremoto e dall’alluvione come nel caso di Ischia, o dal dramma dell’inquinamento come per la Terra dei Fuochi, dalla criminalità o ancora dallo spopolamento delle aree interne della Campania. Ma dalle loro testimonianze sono emerse anche le risposte che le loro comunità hanno saputo dare a quei problemi, puntando sulla forza delle relazioni, sulla partecipazione dei giovani, sulle proposte innovative e sulla educazione., risposte che aiutano tutti noi a capire che è possibile una rinascita dalle ferite solo quando le persone si mettono insieme, dove si crea comunità. Abbiamo ascoltato anche la testimonianza di una ragazza nigeriana vittima della tratta, della suora che ha saputo starle vicino senza preconcetti e di persone che hanno portato la loro difficile esperienza di riscatto dalla droga, dal carcere, dalla vita in strada. Persone che si sono salvate perchè si sono sentite accolte e ascoltate, si sono per la prima volta sentite amate.

Uno stimolo arriva anche dai giovani presenti che tra gli ostacoli alla loro partecipazione alle proposte della caritas vedono soprattutto una difficoltà di presentazione e comunicazione , poco accattivante ed attrattiva per loro:  chiedono di essere ascoltati e coinvolti maggiormente perché sentono il desiderio di essere “allenati alla carità”.

Infine don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, indica le proposte per continuare il cammino nei prossimi mesi:” attuare un piano di corresponsabilità, che parta dalle scelte di rimuovere i macigni e ricomporre le fratture che ci impediscono di andare avanti, imparando a discernere insieme, perché gli altri ci stanno a cuore, ci interessano, e perché chi è amato bene, a partire dai poveri, si ricorda di questo amore e lo trasmette agli altri». Dopo tavole rotonde, l’ascolto di lectio e relazioni ed incontri con persone di caritas di tutta Italia si ritorna con nuove idee e nuovi stimoli ma soprattutto con la convinzione che tutto ciò deve generare un sistema di vita: l’invito è di non sentirci, i salvatori, i buoni, quelli che stanno dalla parte giusta, ma di accogliere sempre con amore chi ha bisogno e di farsi senza paura voce dei poveri verso la comunità cristiana, la società tutta e le amministrazioni.

Riprendendo le parole di mons. Giovanni Nervo: “non si può delegare agli altri il respirare, il nutrirsi, né è sufficiente respirare e nutrirsi qualche volta all’anno: si muore. Così per l’esercizio della carità”.

Anna Fogliano