Per una Pastorale della Carità

SPUNTI DI RIFLESSIONE IN OCCASIONE DELLA VII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI
19 NOVEMBRE 2023

PER UNA PASTORALE DELLA CARITÀ

Chi è il mio prossimo?

«La Chiesa avrà sempre davanti a sé il suo Signore che “nella sua vita mortale passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi, come buon samaritano, viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza” (dal Messale romano). Nella luce dell’amore capace del dono totale di sé ogni comunità parrocchiale, ogni battezzato, ogni persona potranno trovare il senso della propria vita, perché la carità non avrà mai fine».

Da questo vi riconosceranno – La Caritas Parrocchiale

Documento di Caritas Italiana, 1999

Abbiamo bisogno di generare una carità nuova, dove il soggetto è la comunità cristiana che crea nuove relazioni, che partecipa attivamente e che, a vari livelli, si interroga su come essere l’albergatore della parabola che si prende cura della fragilità umana che Cristo, buon Samaritano, gli affida nell’attesa del suo ritorno nella storia.

1. LEGGERE LA NOSTRA REALTA’

«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico» (Luca 10, 30)

Dobbiamo ripartire da alcuni interrogativi: «Chi è oggi l’uomo ferito? Chi sono i nuovi poveri oggi? Quali fragilità sono presenti nella nostra realtà, ma noi spesso non le vediamo né intercettiamo?».
Non possiamo pensare che la carità si esaurisca nella consegna di un pacco viveri o di

vestiti e nel pagamento di bollette o affitti di casa.

Siamo circondati da solitudini, da attività o sostanze che creano dipendenze, da bisogni abitativi e lavorativi che non riusciamo a soddisfare, da famiglie ferite che non trovano pace, da ex carcerati che non riescono a reinserirsi nella società, da diversamente abili che rimangono ai margini, da tante persone private dei loro diritti fondamentali.

Questo primo livello impone ad ogni nostra comunità di mettersi in ascolto, di osservare e disegnare la propria “mappa della povertà”.
Il samaritano, dopo aver provato compassione, si avvicina alla povertà.

Alcune considerazioni attuali:

  • oggi si rischia di non “toccare” più la povertà (viviamo ritmi frenetici, tutto è distaccato e tutto diventa virtuale, si rischia di accontentarsi di fare carità con un sms solidale oppure si confonde la carità con la facile elemosina delegando ad altri di farsi prossimi nei confronti di chi è in difficoltà);
  • si è spento il coraggio di andare a fondo per comprendere

ed affrontare le cause della povertà, smorzando così la forza di contrastare la povertà e accontentandosi di alleviarla;

  • il povero viene considerato come oggetto della nostra carità e non soggetto di dignità, di diritti e proteso al suo cambiamento;
  • il povero viene aiutato e sostenuto ma spesso senza la preoccupazione di includerlo nella vita sociale, accompagnandolo nell’integrazione e nelle relazioni.

    La Parrocchia, luogo dell’ascolto

    L’intuizione di papa san Paolo VI nel lontano 1971 con l’istituzione della Caritas fu quella di creare non un gruppo supercaritativo che rispondesse ad ogni domanda e necessità, ma un organismo pastorale con finalità e compiti educativi nei confronti dei più poveri e della comunità.

    L’auspicio è di creare in ogni parrocchia un piccolo gruppo di persone che, in sinergia con il Consiglio pastorale parrocchiale, lavori con i seguenti compiti:

  • conoscenza puntuale e concreta (mappatura) delle situazioni e condizioni di difficoltà, fragilità e disagio esistenti all’interno della vita della comunità;
  • creazione di un luogo di incontro e di ascolto attivo delle persone in stato di fragilità come momento di condivisione, di scambio, di crescita reciproca e di lettura dei bisogni;
  • sensibilizzazione, animazione ed educazione della comunità alla testimonianza della carità evangelica: la comunità va aiutata a superare una mentalità assistenzialista e di delega della carità, pensandosi essa stessa come soggetto impegnato a crescere nella carità;
  • coordinamento e collaborazione con l’ente pubblico (servizi sociali), con altri enti del terzo settore (associazioni, fondazioni, cooperative) o con eventuali altre attività caritative (enti religiosi, movimenti ecclesiali) presenti sul territorio per una proposta organica sia dal punto di vista civile che pastorale.

Nell’ambito della catechesi e dell’accompagnamento dei più giovani:

  • attivare un dialogo con le famiglie per provare a fare una mappatura dei ragazzi del catechismo che necessitano di interventi educativi personalizzati, perché talora vivono in situazioni famigliari o psicologiche svantaggiate (BES, DSA, ADHD, diversamente abili);
  • analizzare e verificare l’adeguatezza dello spazio e del tempo dedicato alla dimensione caritativa nella programmazione degli eventi e degli incontri di catechesi coi ragazzi;
  • ripensare, rilanciare o creare delle iniziative che coinvolgano i ragazzi e le famiglie nell’ambito della carità, per renderli testimoni dell’amore di Dio (ad esempio visite agli anziani in alcuni momenti dell’anno, conoscenza e collaborazione temporanea di ragazzi e famiglie con la Caritas parrocchiale o altre associazioni che operano in tal senso nella comunità cristiana; raccolta di generi alimentari o altro in cui rendere i ragazzi protagonisti).

    2. LA PRESA IN CARICO E LA CURA

    «Lo vide e ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino, poi caricatolo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui» (Luca 10, 33-34)

    È il livello dei servizi (in linguaggio Caritas “le opere segno”) e delle attività che sostengono le fragilità e che vanno ripensate, ragionate e razionalizzate in un’ottica di pianificazione e di progettualità.

    Oggi, più che mai, vanno messe in campo cure finalizzate alla guarigione delle persone, affinché i poveri possano riprendere in mano la loro vita, possano ritrovare dignità e possano trovare relazioni autentiche e di fiducia.

  •  il volontariato e i servizi che vengono messi in campo devono avere le seguenti caratteristiche:
  • puntare su uno stile di prossimità, che privilegia larelazione umana, la compagnia, la presa in carico,
  • l’empatia, la condivisione;
  • l’esigenza di dare attenzione alla persona come soggetto e fine di ogni intervento:

    ogni persona è mistero, ogni vita è dono e tutti siamo affidati gli uni agli altri;

  • la volontà non di assistere, ma di accompagnare lepersone;
  • l’impegno a condividere tempo e risorse proprie;
  • la realizzazione di progetti educativi e inclusivi;
  • l’obiettivo di contrastare la povertà.

Alcune premesse fondamentali per ripensare le nostre attività di “cura” delle persone e delle famiglie:

  • va evitata la ridondanza e la ripetitività di servizi su aree ristrette, ripensando il numero e la dislocazione;
  • va valutata, nel corso del tempo, l’efficacia dei nostri interventi;
  • va considerata la creatività come capacità di dare nuove risposte alle nuove

    domande e ai nuovi bisogni.

    3. L’ ANIMAZIONE DELLA COMUNITA’

    «Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa

    strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così

    pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide,

    ma passò oltre dal lato opposto»

    (Luca 10, 31-32)

    La Caritas ha anzitutto il compito di aiutare l’intera comunità a mettere la carità al centro della testimonianza cristiana, così che ne faccia esperienza concreta e quotidiana e impari a servire il suo Signore presente nei poveri, a seguire l’esempio di lui che, da ricco che era, si fece povero.

    In questo compito si deve favorire a superare sia la mentalità assistenziale per aprirsi alla carità evangelica in termini di prossimità e condivisione, sia la tentazione della delega (il sacerdote e il levita della parabola) che spesso accompagna, magari involontariamente, le azioni caritative.

    Occorre ribadire che soggetto di carità è la Chiesa tutta, e progettare cammini educativi (cioè graduali, progressivamente coinvolgenti) che attuino il passaggio dai gesti occasionali alla scelta della condivisione, mentre cresce la consapevolezza del valore evangelizzante del servizio e della liberazione dei poveri.

    Tutta la comunità, andrà educata a vivere una spiritualità e una cultura dell’accoglienza e del dono, attenta a tutto ciò che concerne gli uomini e le donne, non solo gli aspetti problematici ma l’arco dell’intera esistenza personale e sociale, e quindi l’educazione e la scuola, le professioni e il lavoro, la società civile e le istituzioni, la salute e la malattia, l’amore e la famiglia: come pure i valori della pace e della mondialità, del servizio e della solidarietà, della giustizia e della carità.