Pasqua, la luce dopo il buio

– di Don Giovanni Perini –

Nei racconti ebraici ce n’è uno che mi ha sempre piacevolmente stupito, per la concisione della risposta che fra poco sentiremo. Si racconta che un non credente voleva sfidare i rabbini per trovarne uno che, nel tempo in cui poteva restare fermo su una gamba sola gli desse una risposta al suo quesito. L’ateo voleva convincere il rabbino della inesistenza di Dio ed ecco la risposta del rabbino: e se fosse vero (che esiste)?”. Lasciato lì appeso a una domanda di cui non poteva avere la risposta, il nostro amico poteva solo interrogarsi.

Questa difficoltà la ritroviamo oggi nell’ annunciare la resurrezione di Gesù dentro una cultura dell’immediato, del concreto, del pragmatico.

Possiamo percorrere la via del paradosso o della complessità: il paradosso dice che noi non siamo solo ossa, carne e sangue, ma anche desiderio e apertura di infinito, anche se sovente soffocato dalla voce delle cose.

E nemmeno che l’uomo è solo un fascio di istintualità, a volte animalesche, ma è anche ragione critica e pensante, anche se sovente messa a tacere dalla passionalità.

L’uomo non è solo egoismo e interesse, ma capacità di gratuità, anche se deve farsi strada in mezzo alle spinte dell’avidità?

L’uomo non è puro presente, ma ha insito in sé un oltre, un al di là, un di più, anche se sovente è imprigionato nelle emergenze dell’attuale.

Anche l’umanità non è solo spinta all’odio, alla guerra, non è solo produttrice di morte, ma è anche costruttrice di pace, di dialogo, di bellezza, anche se rimangono molte volte flebile voce dentro il marasma della violenza?

L’uomo non è solo una infinitesima particella del creato, perduta nello spazio, ma anche anelito all’eternità, anche se questa prospettiva sembra troppo improbabile per la ragione tecnica.

Se ancora fosse vero che ogni uomo deve affrontare la propria morte, ma può coltivare la fede nella supremazia della vita?

Se qualcosa di tutto questo può essere vero, allora è possibile credere che Gesù Cristo ha vinto la morte e ha aperto per tutti l’accesso alla vita, allora la resurrezione, cioè l’amore per la vita può diventare un punto di riferimento, può essere un programma di vita. Da quella pietra rotolata per sempre dalla bocca del sepolcro nasce la speranza che non è semplice attesa, ma cantiere di un mondo e di una umanità nuova. Le domande oltre che necessarie alla fede sono anche il principio dell’umanizzazione.