A Biella moglie e figlie di un giornalista eritreo

Martedì 5 marzo serata di approfondimento sui corridoi umanitari, alle ore 21 presso la Chiesa Valdese di via Fecia di Cossato 9/c.

 

Da “Il Biellese” del 1° febbraio 2019:

Da ieri sera la moglie e le due bambine di un giornalista eritreo perseguitato dal governo hanno trovato ospitalità a Biella, in un alloggio
messo a disposizione dalla parrocchia di San Paolo.
Sono la quarta famiglia arrivata nel Biellese con i corridoi umanitari finanziati da Caritas: la donna e le bimbe fanno parte di un gruppo di
85 rifugiati sbarcati ieri mattina all’aeroporto di Roma provenienti da Addis Abeba, la capitale etiope.
Con loro ancora una volta c’era Daniele Albanese, responsabile del progetto dei corridoi umanitari per la Caritas nazionale. Spiega:
«Questo era l’ultimo gruppo di persone che abbiamo accompagnato in Italia nell’ambito del primo protocollo di intesa firmato tra
Stato, comunità Sant’Egidio, CEI e gestito da Caritas con la fondazione Migrantes. Il documento prevedeva il trasferimento da zone
non sicure, luoghi di partenza della migrazione,di 500 beneficiari.
Le persone che abbiamo condotto in Italia erano particolarmente vulnerabili. Tra gli 85 rifugiati c’erano 24 bambini e 16 nuclei familiari
che saranno accolti in 17 diocesi italiane».
Concluso questo protocollo, è già pronto il nuovo documento: «Abbiamo avuto l’assenso ufficiale, stiamo aspettando la firma, che avverrà
a breve. Questo accordo prevede il trasferimento in 2 anni di 600 profughi da Turchia, Etiopia e Niger».
Le persone beneficiarie del progetto vengono selezionate dai referenti nazionali, tra cui Albanese, impegnati nei luoghi in cui si rifugia chi scappa da guerre e persecuzioni. In quest’ultimo anno il responsabile biellese di Caritas è stato più volte in Etiopia, per individuare
quali migranti trasferire in Italia. «La storia della famiglia che ospitiamo a Biella è molto complicata» racconta. «Il padre è un giornalista
eritreo che tre anni fa è stato perseguitato dal regime a causa del suo lavoro. Era un presentatore televisivo molto esposto: si occupava di controinformazione, ed era chiaramente sgradito alla dittatura eritrea. Accertato lo stato di pericolo in cui si trovavano lui e la sua famiglia, l’uomo ha deciso di lasciare il Paese e trovare rifugio in Etiopia. Dopo qualche tempo vissuto in un campo profughi vicino al confine, la famiglia non era comunque al sicuro: in Etiopia i servizi segreti eritrei sono molto attivi, e da questo punto di vista i campi profughi sono per le persone perseguitate dal regime luoghi particolarmente pericolosi».
La famiglia del giornalista viene trasferita in un’abitazione ad Addis Abeba. «Anche qui però l’uomo, la moglie e le bambine hanno dovuto
vivere in una condizione di precarietà, per nascondersi da chi poteva metterli in pericolo. Un mese fa» racconta Daniele Albanese
«il papà è stato costretto a fuggire di nuovo, e ha trovato riparo in America latina. La moglie e le bimbe, che oggi hanno 7 e 5 anni, hanno
invece avuto la possibilità di attendere il trasferimento in Italia con i corridoi».
Ieri sera la famiglia eritrea è stata accolta dalla comunità parrocchiale di San Paolo, a Biella: «La donna con le bimbe vivrà in un alloggio messo a disposizione dalla parrocchia di don Filippo Nelva. I volontari hanno organizzato una cena di accoglienza. Loro stanno bene e si
sentono finalmente sollevate: sono libere. Negli ultimi tre anni hanno vissuto nella paura».
La situazione nel corno d’Africa, racconta Albanese, è molto critica.
«I corridoi umanitari sono l’alternativa legale all’immigrazione clandestina e, senza spese per lo Stato, rappresentano la risposta ai trafficanti di esseri umani. Sono di questi giorni le polemiche per la nave Sea Watch e, a questo proposito, credo sia bene precisare che i trasferimenti di rifugiati attraverso i corridoi umanitari non devono essere utilizzati come alibi per la chiusura dei porti. Chi usa queste scuse fa retorica: deve essere garantita a tutti la possibilità di mettersi in salvo».

Chiara Marcandino