Maria: dono di grazia
Maria: dono di grazia.
Si apre il mese di maggio, che da tempo immemorabile la devozione del popolo cristiano dedica a Maria e, in particolare, alla recita del Santo Rosario. In particolare, i primi cinque misteri – quelli detti “gaudiosi” – ci presentano Maria come esempio di carità generosa e disponibile a fare la volontà di Dio, nel servizio ai bisognosi (ad esempio la cugina Elisabetta) e nella ricerca costante del progetto di Dio sulla propria vita, anche attraverso il mistero della sofferenza (“Anche a te una spada trafiggerà l’anima”, le profetizza Simeone, nel quarto mistero). Tuttavia, una lettura attenta della pagina dell’Annunciazione ci deve rendere consapevoli del fatto che non è la volontà di Maria (la sua capacità di “fare volontariato”) ad essere ivi messa in primo piano, bensì l’iniziativa di Dio, che inonda di carità la sua vita. Infatti l’appellativo con cui l’angelo a lei inviato le si rivolge è kecharitomene. Come spiega uno studioso del vangelo, “si tratta di una forma verbale da un verbo molto raro (charitóo), e precisamente di un participio passivo del tempo perfetto, che serve ad esprimere uno stato raggiunto in conseguenza di un’azione: la parola indica dunque sia lo stato attuale di Maria, sia l’azione della grazia che l’ha toccata. L’italiano non dispone dei mezzi linguistici per rendere questi due valori compresenti nella forma greca: ‘piena di grazia’ è una resa che lascia in ombra il fatto che questo suo stato è la conseguenza di un’azione precisa da parte di Dio. La scelta del verbo è poi significativa. Abbiamo qui una parola di uso rarissimo. La scelta di un termine così poco comune non è casuale: l’evento straordinario che Luca sta narrando merita una parola non usuale. Il verbo si collega a cháris, che significa ‘grazia, dono’; il valore del verbo è dunque ‘offrire un dono di grazia’ (e, al passivo, ‘ricevere’ tale dono). Nel Nuovo Testamento il verbo si ritrova solo in Efesini 1, 6. In questa frase, Paolo collega in modo indissolubile grazia e amore di Dio: il dono della grazia si esercita attraverso colui che è stato completamente investito dall’amore del Padre e riversa il suo amore su di noi”. Meditare il primo mistero gaudioso dovrà dunque aprire i nostri cuori non solo alla nostra disponibilità a compiere – come Maria – la volontà divina in tutta la nostra vita, ma ancora di più e in primo luogo a rendere grazie a Dio perché anche a noi è rivolto l’appellativo dell’angelo, il cui valore esatto sarebbe propriamente: “Tu che sei stata investita dalla grazia fino a esserne ora completamente pervasa”. Apriamoci dunque alla lode divina per i doni di grazia di cui ci colma, e il nostro volontariato assumerà una luce completamente trasformata: la luce di Dio in noi.
don Carlo Dezzuto