Sperare e agire con la Creazione

Quest’anno il tempo per il creato è stato posto da papa Francesco sotto il segno della speranza, quasi un preludio alla riflessione sulla virtù teologale che connoterà il Giubileo del prossimo anno. Ma alla speranza viene affiancata l’azione, perché nella cura del creato non ci si può limitare a confidare in un futuro migliore, ma è necessaria l’opera di ciascuno e ciascuna di noi, l’agire quotidiano di chi è consapevole della responsabilità che ha verso i propri fratelli e sorelle in umanità e verso la creazione intera.

Sperare, infatti, significa discernere il futuro che ci viene incontro e anticipare nell’oggi quel tempo di pace e di vita piena che il Signore prepara nel suo disegno di salvezza universale. In questa attesa fattiva, in questa speranza operosa, stiamo faticosamente imparando cosa significa “ecologia integrale”: abbracciare nella nostra cura ogni aspetto della vita nella casa comune che ci è stata donata e della quale noi esseri umani siamo i custodi e non i padroni.

Il brano della Lettera ai Romani proposto come testo-guida (Rm 8,19-25) coniuga diversi aspetti di questa speranza cosmica: il gemito e la sofferenza della creazione (v. 22), la sua ardente aspettativa che i figli di Dio si rivelino come tali (v. 19), le primizie dello Spirito che sono anche anticipazioni di ciò che si spera non possedendolo ancora (vv. 23-25) e infine i gemiti inesprimibili del medesimo Spirito che fa sua la nostra intercessione.

Per questo nel preparare le Giornate del Creato – quest’anno offerte dalla nostra Diocesi come momento di riflessione per l’intera Regione ecclesiastica del Piemonte (cf. allegati) – gli Uffici pastorali diocesani preposti hanno declinato il tema generale in un approfondimento della scelta da operare per un agire di speranza: “Guerra o terra?”. Le tragiche e durature conseguenze che ogni guerra ha sulla salute del pianeta – contaminazione dei terreni e delle falde acquifere, disseminazione di ordigni inesplosi, distruzioni di città, villaggi e vie di comunicazione, spreco di energie fossili, aumento del riscaldamento globale… – ci chiedono anche di pensare a un’agricoltura rispettosa della terra ferita, fatta di coltivazioni che abbiano cura del presente e del futuro dei nostri campi, a salvaguardia di un patrimonio da restituire alle generazioni future dalle quali lo abbiamo preso in prestito.

“Guerra o terra?” è ben più di una domanda: è una sfida che non possiamo più tardare a raccogliere. “Terra e pace” è la speranza per la quale siamo chiamati ad agire ora, per la salvezza di tutte le creature.

Guido Dotti