Li chiamano giorni di grazia

Giorni di grazia perché i figli di questa nostra terra riconoscono di avere in dono una Madre così grande da chiamarla Regina.

Una festa anacronistica dicono alcuni, una festa fuori luogo dicono altri… io mi fermerei solo al sostantivo. Una festa.

In queste ore ho occasione di seguire, da distante, i giovani che stanno vivendo l’esperienza “In alto, a casa!”. Doveva essere un’esperienza numericamente importante capace di coinvolgere centinaia di giovani del Piemonte e non solo e portarli a Biella e a Oropa. Poi è venuta la pandemia e tutto è stato ridotto di numeri ma non di entusiasmo, e tenacia. Osservando i giovani in queste ore mi pare che ci stiano “insegnando” il clima della festa, senza recriminazioni, senza retropensieri, senza nostalgie. Festa e riflessione, gioia e pensiero, straordinarietà e ordinarietà, provocazione e ascolto … Se questa è la festa di una Madre che è Regina i giorni che viviamo non possono non impegnare i figli a essere (più) generativi nei confronti del futuro.

Questi giorni di grazia sono giorni in cui si pensa e si accoglie il futuro. E lo si fa con lo sguardo di Maria, la Festeggiata: questo è il nostro più grande gesto di carità.

Per pensare e accogliere il futuro – che è già il tempo nostro – occorre la fantasia della carità, cioè di immaginare un nuovo “io”, un nuovo “noi”, in questo mondo.

Se questo davvero accade allora, come dicono, sono giorni di grazia. Troppo spesso abbiamo ragionato attorno a “un gesto di carità” che accompagnasse la festa della Regina di Oropa, e ne abbiamo pensati e compiuti. Nei giorni della sua festa, forse Lei stessa ci sta suggerendo, silenziosamente, nel suo stile, che questa è la carità più grande di cui abbiamo bisogno. Relazioni nuove, più vere e autentiche, fraterne, gratuite.

In questi giorni di festa, di grazia, la più grande carità è comprendere che “il nuovo” è possibile a partire da noi, a partire dalla fede in Gesù Cristo, a partire dalla Madre sua che ci indica la strada per fargli posto nella nostra vita e nel mondo.

Scrive papa Francesco: “Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!”.

 

don Paolo Boffa Sandalina