La comunità può partecipare a fare giustizia?
Dal mio punto di vista la giustizia non è una mera questione di carattere giuridico; è una questione sociale. Credo fortemente che si debba seguire la strada verso una giustizia giusta, capace di superare le solitudini del reo e della vittima, coinvolgendo la comunità.
Percorrendo questa strada diventa importante parlare del paradigma della Giustizia Riparativa, la quale non si contrappone al paradigma della Giustizia Trattamentale ma quest’ultima può essere giustapposta alla prima; anzi, può essere, oggi, complementare e, domani, abolizionista rispetto alla pena inerte e devastante del carcere. La complementarietà va innervata con attività di mediazione dei conflitti e con la facilitazione del loro superamento.
Io come Garante ho una funzione anche sociale e proprio per questo posso favorire l’incontro con e nella comunità.
Le donne e gli uomini di oggi sono spesso frastornati, disperse e arroccati attorno alle loro solitudini. Diventa quindi prioritario rompere l’isolamento seminando tracce di Comunità riparativa, che vuol dire non l’essere per sé, ma con l’altro. Alla ricerca di comunità solidale. Sono fortemente convinta che il benessere della persona non può mai essere quello dell’individuo separato dal mondo.
Il ruolo della Comunità deve essere determinante nella mediazione e nel superamento dei conflitti sociali, dove prioritari sono i processi di avvicinamento e prossimità. Inoltre la comunità diventa importante dove si tratta di lavorare sulla soglia come possibile “Luogo di incontro”. Si tratta anche di lavorare sulle faglie, andando a confrontarsi con chi semina rotture, arroccandosi nella falsa sicurezza dell’estraneità ostile al prossimo, soprattutto quando è più debole, fragile e vulnerabile.
Il paradigma della Giustizia Riparativa rimanda inevitabilmente alla costruzione di modelli di comunità riparativa, dove diventa prioritario confrontarsi attorno ai passaggi che possono portare dalla giustizia trattamentale alla giustizia riparativa, alla costruzione di comunità riparative.
Il ruolo della comunità diventa prioritario nella mediazione e nel superamento dei conflitti sociali
Credo che oggi sempre più, come Garante dei diritti delle persone ristrette nella libertà per il Comune di Biella mi sento chiamata nel confronto come realtà sociale in quello che sembra essere una necessità politica e sociale. Nel senso di Don Milani: il problema degli altri è uguale al mio, sortirne da soli è l’avarizia, sortirne insieme è la politica. Credo molto che uno degli orizzonti futuri sarà quello di passare dall’implosione delle solitudini alla tessitura di nuove trace di comunità.
Sonia Caronni
Garante dei diritti delle persone ristrette nella libertà per il Comune di Biella