#iorestoacasa, Ma se una CASA non ce l’ho?

La chiusura anticipata rispetto alla data inizialmente prevista del 30 Marzo del servizio di Emergenza freddo, rivolto alle persone senza dimora del nostro territorio, a causa di difficoltà legate alla complessa situazione derivante dell’epidemia in corso da parte del gestore del servizio, ha messo in luce contemporaneamente due elementi. Il primo, più facilmente visibile a noi tutti, consiste nella fatica di questi tempi. In questo frangente, sforzo necessario peraltro in tanti ambiti della nostra quotidianità, nel provare a conciliare la doverosa tutela della salute personale e comunitaria con l’erogazione di un servizio comunque prezioso per altri membri, peraltro estremamente fragili, della nostra comunità.

Il secondo, invece, è meno visibile, se non da chi direttamente coinvolto, ma di grande bellezza. Già, perché nessuna delle persone (diciassette uomini) che rischiava di trovarsi da un giorno (o meglio notte) all’altro non solo senza casa, ma anche senza riparo, è rimasto o rimarrà per strada. Proprio mentre le Istituzioni pubbliche emanavano infatti un decreto denominato #IoRestoaCasa, la nostra comunità è riuscita ad offrire con creatività e generosità accoglienza (oltre ai posti del dormitorio) a queste persone senza dimora.

La professionalità e grande passione degli operatori sociali dello sportello per persone senza dimora che si trova accanto alla mensa di condivisione di via Novara, unita alla disponibilità della nostra Chiesa locale attraverso alcuni parroci e realtà diocesane, ha quindi permesso di poter offrire a tutti una soluzione abitativa in poche ore.

E’ un privilegio essere testimoni di tanta silenziosa fraternità, dimostrata anche dagli altri ospiti del dormitorio di vicolo del Ricovero che hanno, sulla fiducia costruita in relazioni positive quotidiane, accettato un dialogo franco e alcuni spostamenti verso soluzioni sconosciute per far posto a persone ancora più fragili e necessitanti assistenza.

Raccontare quanto preziosi siano questa “gratuità”, questi “beni relazionali”, e questa “vocazione” degli operatori e dei volontari coinvolti non può che farci bene, in un momento in cui le nostre vite, specialmente quelle dei più fragili, risentono di questo apparentemente “allentamento forzato” dei legami comunitari. Potremo, possiamo ripartire da questo abbraccio che la nostra città ha saputo dare anche a persone spesso invisibili, ma che oggi, in qualche modo possono dire con noi #IoRestoaCasa.