Giornata di spiritualità – Riflessione
Sabato 8 febbraio: giornata di spiritualità degli operatori Caritas della Diocesi al Monastero di Bose.
Sembra una innocua comunicazione di servizio, ma a ben guardare racchiude un concentrato di ecclesiologia e di vita spirituale.
Ma andiamo con ordine.
* Di solito tendiamo a tenere separati gli ambiti “operativi” da quelli “spirituali”. L’8 febbraio chi abitualmente è ”in trincea”, a contatto con disagio e povertà, ha chiesto ospitalità a chi di norma abita nel silenzio al limitare del “deserto”, perché proprio da quella posizione, più in prospettiva, la visione della realtà appare più chiara e così l’azione, da movimento compulsivo, ha la possibilità di diventare un atto consapevole.
* Di solito la “voce” di una giornata di spiritualità è quella di un ministro ordinato, meglio se di chiara fama. L’8 febbraio si sono alternati a prestare la propria voce, perché lo Spirito potesse parlare, una coppia, un vescovo, delle consacrate nella Chiesa Locale, laici, uomini e donne. Abbiamo sperimentato che “Dio non fa preferenza di persone” (Atti10,34). Tutti i battezzati sono chiamati a uscire da sé stessi e aprirsi agli altri, trasformando ogni relazione interpersonale in un’esperienza di fraternità (cfr Evangelii gaudium87). Così ognuno per la sua parte si è reso strumento, semplice ma indispensabile, per rendere concreto il processo di “fraternizzazione” che lo Spirito vuole innescare nella storia (cfr catechesi di Papa Francesco, 16/10/2019), anche nella nostra storia ecclesiale.
* Di solito c’è chi parla e chi ascolta con rigida distinzione dei ruoli. L’8 febbraio abbiamo visto il vescovo in ascolto durante la lectio divinaproposta da voci di donne; laici condividere la loro preghiera e la loro riflessione sul Vangelo; uomini e donne offrire la propria testimonianza di amore ai fratelli come espressione del loro amore per Cristo; e tutti insieme, nel dialogo e nell’ascolto reciproco, cercare nelle pieghe della vita, illuminate dalla Parola, il luogo, il modo, il tempo per dire sì (cfr Luca1,38) a “tutto quello che vi dirà” (Giovanni2,5).
Nel campo dell’arte tutto questo si chiama contaminazione di stili; nell’analisi sociologica è un melting potdi provenienze condivise; in letteratura è una miscellaneadi testi evocativi e fondanti; nella vita ecclesiale tutto questo si chiama comunione: il Popolo di Dio che ha per capo Cristo, per condizione la libertà e la dignità dei figli di Dio, per legge il nuovo precetto di amare e ha per fine il regno di Dio (cfr Lumen Gentium2,9). L’8 febbraio abbiamo vissuto tutto questo con semplicità e intensità, ma… se è possibile un giorno, può diventare uno stile quotidiano di Chiesa, della nostra Chiesa diocesana in ascolto dell’invito di Maria “Fate quello che vi dirà” e con lei obbedienti al Vangelo di Gesù, che trasforma l’acqua in vino, l’apatia in sollecitudine, i mezzi poveri in occasione di provvidenza, la preghiera umile in carità operosa.
Le Sorelle della Comunità di Muzzano