Io sono povero come tutti i poveri

Cosa mi affascina di Pier Giorgio Frassati? Non qualche azione in particolare, non il carretto con le masserizie di qualche povero a cui faceva da traslocatore, non qualche foto che lo ritrae con gli amici in montagna o qualche altra immagine a cui siamo abituati, ma la sua intera breve vita. Si, perché in lui tutto parla di Cristo: i santi o sono immagine sua oppure sono immagine nostra e se sono immagine nostra non sono santi. Perché Pier Giorgio serve i poveri? Perché è abitato da Cristo; certo, lui scrive che lo fa per ricambiare la visita che Gesù gli fa ogni mattina nella Comunione e così facendo ottempera al dettame di Mt 25, ma chi veramente si fa uno con coloro che con una infelice espressione chiamiamo “ultimi”, dimostra di essere egli stesso trasparenza del Signore, di quel Signore che egli pregava assiduamente, di cui si nutriva quotidianamente, di cui leggeva, ascoltava, meditava e metteva in pratica la Parola, della cui Madre era profondamente devoto.

Egli si identifica con chi è escluso ed emarginato dalla società essendo lui stesso non compreso dalla famiglia; in questo modo Pier Giorgio inizia non solo a servire ma ad essere servo ad immagine del Cristo; differenza radicale con chi «fa un servizio»; differenza che lo immette nell’intimità di Gesù Servo. Egli vive la povertà di spirito – «Io sono povero come tutti i poveri» – pur vivendo in una famiglia dalle grandi risorse economiche, dimostrando così di essere uno con la povertà del Signore. In un contesto familiare che non lo comprende, egli non è un ribelle: a tutti indicava i genitori come due grandi persone, amava la sorella di un amore viscerale e alla fine della vita, quando don Formica, il parroco della Crocetta, che gli porta il Viatico gli chiede «Se la nonna – morta due giorni prima – ti chiamasse con sé?», risponde: «E papà, e mamma, come faranno senza di me?». Così compie la sua vita come l’Agnello quando per la famiglia e i poveri – «Le iniezioni sono di Converso, la polizza è di Sappa» indica in un biglietto dalla grafia tremante a causa della poliomielite ormai avanzata – offre la sua fine terrena.
«Era un santo e Dio l’ha voluto con sé», corre a scrivere Ester, la cameriera di casa Frassati sul calendario in cucina: così quel 4 luglio 1925, a 24 anni, Pier Giorgio è canonizzato da una povera, sintesi di tutti i poveri che egli ha amato.

Editoriale di don Luca Bertarelli