Giovani e Carità
Giovani e carità possibilità, capacità e competenze.
“Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio” (Lv 19, 9-10). La società contemporanea nella quale viviamo sembra avere un solo consiglio da darci: “Ricercate il guadagno, sfruttate tutto ciò che vi è posto davanti fino all’ultima goccia, spremete allo stremo ogni briciolo di occasione”. Solo così saremo persone realizzate, soddisfatte e complete. Sembra che l’idea del giovane ideale sia quella di chi miete il suo campo fino ai margini, usa tutto per se stesso, non lascia indietro neanche il minimo chicco delle sue possibilità, capacità e competenze.
Un orizzonte chiamato comunità
Questo però è un paradigma che non ci convince. Siamo ragazzi che vengono dalle comunità parrocchiali, che delle loro comunità hanno fatto la propria casa. Non riusciamo a pensare a una città che non sia comunità, a una vita che non abbia come orizzonte quello della comunità. È solo in quest’ottica che possiamo capire le parole del Levitico citate sopra. Perché se nel nostro progetto non c’è l’altro non ha senso lasciare anche una sola spiga da mietere, rimarrebbe lì a marcire. Quale terribile spreco! Non ha senso non raccogliere l’acino caduto a terra, verrebbe calpestato e a nulla servirebbe. Da qualche anno però abbiamo intrapreso una ricerca particolare: stiamo esplorando il nostro campo, lo percorriamo in lungo e in largo, passeggiamo ai suoi margini, ed è lì che facciamo la conoscenza di chi quel margine lo abita.
Un seme che cresce
Abbiamo fatto una scoperta: quelle poche spighe di energia, di tempo, di studio che lasciamo alle nostre spalle, non pretendendo di mietere tutto per noi, pongono nella terra qualche seme che cresce sotto i nostri occhi e può essere colto da tanti, dal povero e dal forestiero, dal carcerato e dallo studente in difficoltà, dalla persona con disabilità e dall’anziano. E il raccolto è più abbondante per tutti, per noi che impariamo a comprendere una società che non è solo bianca o solo nera, che non è per niente uniforme, che è gravida di esperienze diverse, abbondante anche per chi incontriamo perché, speriamo, trova un contatto con quella società che sembra non vederlo. È il nostro modo di vivere la carità, quel margine di campo è la nostra missione.
Crediamo che una città migliore in questo modo sia possibile. Una città vivibile dove ci si preoccupa del benessere di tutti, dove si tenta di comprendere le diversità culturali, dove al primo posto c’è la risposta ai bisogni di ciascuno, dove nessuno è straniero. È solo il sogno di un gruppetto di giovani idealisti? Non lo sappiamo…ma è il nostro sogno e ce lo teniamo stretto!
Le ragazze e i ragazzi di Hope Club