A tutti voi che avete deciso di non restare indifferenti, ma di far la differenza
“Sono Temesgen. Ho 54 anni e son scappato dall’Eritrea perché avevo combattuto per la Liberazione del mio Paese. Ho sognato la libertà. In tanti abbiamo sperato. Poi quando sono iniziate le retate dei giovani, le incarcerazioni di amici che non avevano fatto nulla se non chiedere che venisse applicata la Costituzione. Quando ho visto i lavori forzati, le prigioni che aumentavano, le torture. Quando son venuti a cercare anche me, perché in una riunione nel bosco nel 2010 ho chiesto di liberare dei prigionieri innocenti. Allora son scappato con la mia famiglia. E son qui, nel campo profughi di Mai Aini in Etiopia.”
“Sono Teame, ho già provato a venire in Europa. Due volte. La prima volta mi han preso i Rachaida in Sudan, mi han torturato, poi venduto e la mia famiglia si è indebitata per liberarmi. La seconda mi han catturato le milizie egiziane. Poi venduto. Ero in una prigione nel Sinai. Dormivamo in piedi perché eravamo tantissimi, in un buco sottoterra, senza luce. Porto gli occhiali perché ho vissuto senza luce per due anni.”
“Sono Sara, ho 26 anni. Ho due figli perché non me la sono sentita di abortire in seguito agli stupri subiti nel campo di Pugnido2, al confine col mio Paese, il Sud Sudan.”
“Sono Mariam, 32 anni. Ho due figli. Mio marito è stato arruolato a forza in Al Shabab, un gruppo di terroristi affiliati all’ISIS in Somalia da dove vengo. Abdurahman è cieco da un’occhio per la scheggia di una bomba. Imnit l’altro figlio, pesa 7 chili e ha 12 anni. E’ cerebroleso, epilettico e poi non so. Aiutatemi, qui non posso curarlo”.
“Vedi questa è la mia casa. In questa stanza c’è la cucina, la sala, la camera da letto. Il bagno è fuori. Noi siamo 10 che viviamo qui. Mio figlio di vent’anni l’han picchiato in testa e ora è sempre lì rannicchiato. Da noi in Sud Sudan c’è la Guerra, il nostro villaggio non esiste più.”
“La conosci quella tortura dove ti tirano le gambe e le braccia e ti appendono a pancia in giù?”
“Mi mettevano la plastica bollente sul corpo quando parlavo al telefono con la mia famiglia, cosi io gridavo, loro piangevano e dovevano mandare il riscatto. 15mila dollari.”
Lacrime.
“Volevo sprofondare, non esistevo più. Erano uno dopo l’altro. Uno si sfogava e poi inizia l’altro. Ora ho l’Hiv e questo bambino da crescere”.
“Vorrei studiare.”
“Vorrei solamente mandare i miei figli a scuola.”
“Voglio vivere in pace.”
“Giocare a calcio. Juventus. Milan. Messi.”
“Lavorare e guadagnarmi da vivere. Sono disposto a fare tutto.”
“Riscattarmi. Ho sempre subito violenze.”
“Vorrei scrivere un libro su come vivono i profughi.”
“Vorrei avere una casa.”
“Aiutare gli altri rifugiati.”
“Vorrei fare la cantante.”
Storie. E speranze.
Questo è il patrimonio dei corridoi umanitari.
Loro sono i beneficiari.
Come fai a scegliere mi chiedono in tanti? Come fai a non scegliere? Rispondo io.
Non mi interessa sapere chi è Dio, ma da che parte sta.
Liberarsi dalle catene della violenza, della Guerra, della morte, dell’oppressione.
Questo è il significato della Pasqua.
Rinascere si può! La vita vince!
Comunità che si aprono all’accoglienza. Famiglie accanto ad altre famiglie.
Condividere la casa. Giocare coi bambini. Insegnare l’italiano. Dare un contributo.
Ognuno per quello che può siamo corresponsabili della resurrezione delle nostre comunità morte dietro ad egoismo, paure e televisione.
Al funerale di Segen, ragazzo eritreo morto di fame e di stenti sulle coste italiane dopo aver subito violenze e torture in Libia, c’erano dieci persone.
Dieci.
Dieci persone possono fare la differenza. Un prete, insieme a 9 esseri umani che non si sono rassegnati di fronte al mare di indifferenza che circonda le oltre 33milapersone morte senza nome nel Mediterraneo (Sì, il numero è giusto 33mila dagli anni ‘90 ad oggi).
Questo è il senso dei corridoi umanitari che Caritas Italiana sta portando avanti per la prima volta dall’Africa. Una possibilità legale e sicura di cambiare la propria vita. Una possibilità per le comunità accoglienti in Italia per aprire i propri cuori.
Una possibilità per tutti di rinascere e celebrare la vita, la Pasqua.
Buona Pasqua a tutti voi che avete deciso di non restare indifferenti, ma di far la differenza. Usciamo dall’Io e costruiamo il Noi comune a tutta la famiglia umana.
Daniele
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