DECRETO SALVINI – Comunicato di Caritas Italiana

UFFICIO POLITICHE MIGRATORIE E PROTEZIONE INTERNAZIONALE

CARITAS ITALIANA

Il decreto Salvini si compone di 42 articoli, una parte dei quali dedicati all’immigrazione e una parte alla sicurezza. In generale, all’interno del decreto troviamo delle previsioni che sollevano dubbi di costituzionalità che saranno sottoposti al vaglio del Quirinale. Inoltre appare improprio l’impiego dello strumento del decreto legge che deve essere utilizzato per fronteggiare una situazione di emergenza. Per soddisfare questo requisito, nella relazione tecnica si specifica che il provvedimento ha come scopo quello di «rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, con particolare riferimento alla minaccia del terrorismo». E poi, esaminando i vari punti che riguardano l’arrivo dei migranti, si sottolinea come ci sia necessità e urgenza di «scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale», e di «garantire l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione», ma anche di «adottare norme in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati».

Di seguito i principali punti del decreto.

PERMESSI PER MOTIVI UMANITARI

Sul tema migranti, l’aspetto che sta sollevando più polemiche è l’abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari.  L’articolo 1 del decreto Salvini prevede che sia abolito il riferimento alla concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal Testo unico sull’immigrazione (legge 286/98). Attualmente la legge prevede che la questura, in caso di non riconoscimento della protezione internazionale, conceda al richiedente un permesso di soggiorno per motivi umanitari qualora si rilevino “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure nel caso di persone che fuggano da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea. La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile dai sei mesi ai due anni ed è rinnovabile. Con il decreto Salvini questo tipo di permesso di soggiorno non potrà più essere concesso dalle questure e dalle commissioni territoriali, né dai tribunali in seguito a un ricorso per un diniego. Il 4 luglio il ministro dell’interno Salvini aveva già diffuso una circolare – diretta ai prefetti, alla commissione per il diritto d’asilo e ai presidenti delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale – in cui aveva chiesto di prendere in considerazione con più rigore le richieste e di stabilire dei criteri più rigidi per l’assegnazione di questo tipo di protezione.

Attraverso questo decreto si cerca di precludere alle commissioni territoriali e ai giudici la discrezionalità che hanno avuto finora nel riconoscere la protezione umanitaria. Ma l’esperienza di questi anni ci insegna che solo una valutazione caso per caso può far emergere la vulnerabilità di alcune persone, vulnerabilità che sfugge a una definizione tassativa.

LA SITUAZIONE PRIMA DEL DECRETO SALVINI

Esistono tre forme di protezione internazionale: l’asilo politico, che conferisce lo status di rifugiato a chi dimostri il rischio concreto di subire nel proprio Paese una persecuzione personale secondo quanto riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra; la protezione sussidiaria, rilasciata dalla Commissione Territoriale di competenza nel caso in cui la persona non riesca a dimostrare di aver subito una persecuzione personale, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave se tornasse nel suo Paese di provenienza; e, appunto, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato quando non si hanno i requisiti per l’asilo politico o per la protezione sussidiaria, ma esistano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali (salute, instabilità politica, guerre, persecuzioni), per dare la protezione. Il permesso è rilasciato dalla Questura su richiesta della Commissione territoriale che ha valutato la situazione del richiedente asilo. Togliendo ai due soggetti questa competenza, di fatto si rende impossibile la concessione della protezione umanitaria.

 PERMESSI per casi SPECIALI

In assenza dei permessi umanitari, l’unica possibilità è rilasciare ai migranti dei permessi speciali per meriti civili, per cure mediche, o in caso di calamità naturale nel Paese d’origine.

CPR (EX CIE)

Si allunga la permanenza nei centri per i rimpatri, nei quali lo straniero candidato all’espulsione potrà essere trattenuto fino a 180 giorni: prima la permanenza era fino a 90 giorni. L’allungamento della permanenza in questi centri è stato il cavallo di battaglia di tanti governi che però non hanno mai ottenuto nulla perché non riescono a rimpatriare poi le persone. In sostanza è una misura che non serve a nulla e aumenta i costi della collettività.

SPRAR

Altro aspetto che avrà un forte impatto sui territori è il ridimensionamento del programma SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), costituito da centri molto piccoli e posto sotto l’egida dei Comuni: se fino a oggi era destinato anche all’accoglienza dei richiedenti asilo, in base al decreto sarà limitato, a chi ha già ricevuto la protezione internazionale e ai minori non accompagnati. Tutti gli altri, la maggioranza, andranno nei centri governativi ovvero nei Cara. Questa scelta penalizzerà molto i territori e la qualità dell’accoglienza in quanto predilige le strutture di grandi dimensioni che in genere sono elemento di preoccupazione e paura diffusa.

REATI

Sono ampliati i reati per il diniego della protezione internazionale (non solo quelli aggravati, ma anche furti, tentata violenza e altri). Il decreto stabilisce che il diniego avvenga dopo la condanna di primo grado (è stato stralciato il reato di resistenza a pubblico ufficiale). In questo caso andrà verificato l’eventuale profilo di incostituzionalità in quanto la Costituzione prevede la presunzione di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio. E dunque, anche se fosse approvato in Parlamento — eventualità remota visto che introdurrebbe un principio che poi potrebbe valere per tutti i cittadini, italiani e stranieri — potrebbe essere la Consulta a renderlo inefficace.

CITTADINANZA

La cittadinanza viene revocata agli stranieri che commettono reati non necessariamente gravi e perfino per chi torna al proprio Paese per un breve periodo. Su questa previsione ci sono motivi per ritenere la sua incostituzionalità in quanto la cittadinanza è inserita tra i diritti inviolabili. E dunque non si può sospendere. Sono introdotti specifici requisiti per la concessione della cittadinanza: assenza di condanne, irreprensibilità della condotta, reddito minimo, assolvimento degli obblighi fiscali. C’è un allungamento dei termini per l’istruttoria e l’esclusione del silenzio assenso per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio. È previsto il raddoppio dei tempi (da 2 a 4 anni) della concessione della cittadinanza per matrimonio e per residenza. L’articolo 13 del decreto prevede anche che la concessione della cittadinanza ai discendenti degli emigrati italiani all’estero sia soggetta a dei limiti.

ISCRIZIONE SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Nel decreto immigrazione compare “l’esclusione dell’iscrizione al Sanitario nazionale a tutti i titolari di un permesso per casi speciali. Nei fatti significa che solo i rifugiati e i protetti sussidiari potranno avere accesso alle cure del SSN. Centinaia di migliaia di persone rimarranno escluse dal godimento di questo diritto e potranno accedere solo alle cure STP.

ISCRIZIONE ANAGRAFICA

Il permesso di soggiorno per richiesta di asilo costituisce documento di riconoscimento ma non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica. Questo comporterà un impedimento totale a qualsiasi servizio pubblico collegato alla residenza.

PROCEDURE ACCELERATE

Chi tenta di eludere i controlli alla frontiera o la domanda di asilo si considera solo strumentale ad evitare un provvedimento di espulsione o respingimento, viene sottoposto ad una procedura accelerata che può essere svolta direttamente in frontiera o nelle zone di transito. Questo indebolisce le garanzie per il richiedente, anche in considerazione del fatto che per il trattenimento non è prevista una durata massima in violazione di un principio costituzionale.